[…] A dire il vero, il gruppo meridionale presente al festival che mi è sembrato però più nuovo, e quello che ha azzardato di più su un terreno molto rischioso, mi pare sia il calabrese Scena Verticale. […] Scena Verticale ama il pericolo, e fa del suo Hardore di Otello una oltraggiosa e oltranzista parata del trash mostrando sin nella scena il degrado fisico e l’incompiutezza ossessiva di una società e, dunque, di una cultura; tra vecchio e nuovo, nella casa che mai si finirà di costruire, nel ricordo di un delitto da svelare, tra video registratori moderni e poltromamme gonfiabili e ventriaccoglienti, con un maschile in crisi che più in crisi non si può, nonostante il “buon esempio” del padre sentenzioso e del garzone laborioso, Otello piange la sua Desdemona e scopre che l’amico Jago del cuore – che sembra uscito dritto dritto da un Ciprì e Maresco – l’ha spinto al delitto per paura di perdere quel maschio rapporto; e fantasmi ritornano e massacri si compiono, nella nostalgia di una bellezza e di una purezza (Desdemona) che chissà se era vera, in un balletto horror grottesco, segnato dallo sguazzare di tutti, in stivaloni di gomma, nella casa allagata da perdite d’acqua continue. Dentro un presente (la modernità!) che fa acqua alla lettera…
[…] Una impossibile e degradata tragedia, uno sviluppo continuamente troncato, una modernità (anche teatrale) ben difficile da conquistare e perfino da individuare […] Il trash come condizione estetica transitoria e terribile, ma anche, diciamolo, un filo comica. La coscienza del degrado e della confusione, e la grande fatica per trovare delle vie di uscita.