In “Kitsch Hamlet” di Saverio La Ruina, Amleto non c’è e non solo perché il personaggio che porta il suo nome è sempre fuori scena al di là di una porta, ma perché i protagonisti di questa angosciante commedia non capirebbero nemmeno una parola della tragedia del principe danese. Amleto è distante anni luce perché i tre fratelli che vivono in una casa non finita, come spesso accade nel nostro Sud, tra altarini e ceri votivi, perennemente sdraiati sul divano e sulla poltrona di un salotto in “stile”, non conoscono argomenti che non siano il “Grande Fratello”, la palestra di body building, le donne come basso oggetto di desiderio e possesso, la mamma come icona di santità e dedizione, gli ultimi modelli di cellulare. Sono i fratelli di Amleto, tre giovani alla deriva sulla zattera del nulla, volgari, attanagliati dall’inedia, fatui, ma tanto “bravi figlioli” nel loro attaccamento alla mamma e alla famiglia e ai valori della tradizione, nelle loro linde magliette con griffe da mercato. Tre ragazzi “normali” in una provincia del Sud, ma che potrebbe essere ovunque […] Una famiglia simbolo di un degrado culturale e sentimentale agghiacciante che la compagnia Scena Verticale, una delle realtà più interessanti nella ricerca […] fa vivere in un clima inquietante di normalità, osservato con occhi ironici, un clima che agghiaccia e si trasforma in una denuncia di come siamo.