De-Viados

La transessuale vista come figura tragica del duemila. L’ineluttabilità dello svolgersi della tragedia alla luce di una non appartenenza mai del tutto superata. Ma una figura moderna e inedita, dove il pathos si scioglie nella pronta leggerezza della battuta frivola e la monotonia della passione tragica lascia spazio ad una ben più ricca complessità: una capacità di gioire e soffrire fuori del comune. Nel privato i gesti e le parole, gli affetti e i richiami della memoria svelano il desiderio misterioso che annulla la distanza con gli spettatori e rivela una imbarazzante vicinanza. Il palcoscenico diventa anche circo bacchico e fiera notturna, luogo dove si “recita” il momento pubblico e gli spettatori, quasi avessero scelto di essere lì, diventano popolo della notte, schiere di curiosi e clienti eccitati. Il tratto surreale di alcune scene suggerisce qualcosa di più inquietante della pura rappresentazione realistica. La transessuale è “vestita” dell’immaginario erotico che i clienti bramano e dà ad ognuno il proprio pane quotidiano, Santa generosa e blasfema che sfama ogni peccatore.

Visioni e inserti dialettali tracciano il peso del beffardo pregiudizio dell’amata terra madre, una Calabria fatalmente grottesca e follemente comica. Ricorrono la presenza dello specchio, strumento del sogno e promessa futura, alla ricerca di una parvenza che possa confermare l’immagine desiderata; la febbrile ricerca degli indumenti materni e il tremolante piacere della vestizione; il rito del trucco davanti alla toletta, tra confessioni e pesanti cadute di tono; l’amore materno che indovina, assolve, lenisce e porta la croce; l’oscurità del padre, prestabilita, in bilico fra follia e poesia; la vagheggiata delicatezza di un uomo, tollerante e luminoso, un pò principe azzurro un pò Dio.

Pensando al periodo precedente il lavoro di messinscena di de-viados (1998) tornano alla mente una girandola di volti, piccoli appartamenti, voci roche, migliaia di chilometri di marciapiedi, figure iperfemminili trasudanti erotismo, corpi riusciti male ma forse più umani, collezioni di stivali e scarpe dalle forme più intriganti, tali da far votare chiunque al più sfrenato feticismo. Viene alla mente Carmen che alle cinque del mattino, nel bel mezzo di una piacevole conversazione, cade a terra come una pera cotta, e noi che immaginiamo i gironi di chissà quale inferno percorso. E poi i loro semplici enunciati sull’esistenza e le richieste più elementari. Allora, perché de-viados? Non ci è possibile una risposta esaustiva. Forse la si può trovare riflettendo su quella condizione estrema, dove tutto è rivolto all’eccesso. L’eccesso di coraggio nell’“operare” un passaggio da un sesso all’altro, di amore e di romanticismo nei confronti dei partners, del piacere ricavato nel sesso per il sesso, di vitalità. L’eccesso nel piangere, nel ridere e nel risentirsi. E altro. Soprattutto altro.

Premi e riconoscimenti

Progetto finalista del Premio Scenario nel 1997

Crediti

di Saverio La Ruina

Collaborazione alla drammaturgia Dario De Luca

Diretto e interpretato da Saverio La Ruina e Dario De Luca

Scene e costumi Nelide Sessa e Luciana De Rose

Organizzazione Settimio Pisano

Anno di produzione 1999